Mishima Yukio: La Via del Samurai

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KuchikiRukia ~
view post Posted on 3/12/2012, 15:11




MISHIMA YUKIO
LA VIA DEL SAMURAI


bushido



Non ho né vita né morte. L’eterno è la mia vita e la mia morte(Bushidō)

“Ho scoperto che la via del samurai è la morte. Un dilemma di vita o di morte va risolto, semplicemente, scegliendo una súbita morte. Non vi è nulla di complicato in ciò. Fatti animo, e procedi” (Hagakure, Libro I).

Yukio Mishima muore il 25 novembre 1970, scegliendo la via di un plateale rito suicida mediante seppuku.
“La via del samurai” venne scritto tre anni prima, ponendosi, di fatto, come il suo testamento spirituale.
Tra i testi fondamentali per avvicinarsi all’etica dei samurai: uno è l’esoterico “Gorin no sho”, Il Libro dei cinque anelli di Miyamoto Musashi, la cui vita è stata mirabilmente romanzata da Eiji Yoshikawa in “Musashi”), scritto tra il 1640 ed il 1642 d.C.; l’altro è “La via del Samurai”, conosciuto come “Gli insegnamenti del Maestro di Hagakure”, o più semplicemente Hagakure, di Jōchō Yamamoto, trascritto dall’allievo Tsuramoto Metazaemon Tashiro tra il 1710 ed il 1716.
Nella vita delle persone ci sono dei libri formativi a cui ci si accosta, soprattutto, durante i primi momenti della vita, quando la mente è estremamente ricettiva a segnali che ancora non si comprendono appieno, per età o per maturità. Spesso accade che tornando, con il tempo, su quegli stessi testi non si riesce a trovare quegli strani meccanismi che avevano, a suo tempo, affascinato. Non accade con tutto ciò su cui la mente si è fermata per un istante, come una farfalla che si posa su di un fiore permettendo di scoprire gli inafferrabili colori delle sue ali.
Mishima ebbe incontri di vario genere. Tra i romanzi di Raymond Radiguet e le poesie di Akinari Ueda, gli fu fatale l’incontro con l’Hagakure che non riuscì a dimenticare mai, nonostante gli anni e le esperienze accumulate. In esso trovò il primo maestro della sua anima e, con esso, anche l’amore verso la sua Patria.

“Hagakure” ha un significato oscuro, così come il motivo per cui Mishima scelse la morte in un momento estremamente significativo di ribellione sociale.
La traduzione del titolo è “nascosto tra le foglie”, legata, probabilmente, alla consuetudine dei samurai di sostare al Castello di Saga nel periodo Tokugawa; un’altra teoria, a mio avviso degna di maggiore attenzione, rimarca la concezione del samurai pronto al sacrificio totale di se stesso, votato all’azione nell’ombra del daimyo (Signore di un clan o di una Provincia), per non oscurarne il potere. Tale idea è quella che si associa meglio al ritiro di Yamamoto in una capanna di frasche, per concludere la sua vita.
“Hagakure” è una raccolta di discorsi orali, conservati in segreto da Tsuramoto Tashiro e poi divulgata nell’ambiente dei seguaci della “Via”. È, di fatto, un corpus organico composto di 11 volumi: i primi tre costituiscono il nucleo degli insegnamenti del samurai Jōchō Yamamoto. Su questi si concentra l’analisi ed il commento di Yukio Mishima.

“Si dovrebbe trascorrerla a far quello che piace. A questo mondo, fugace come un sogno, vivere nell’affanno, facendo solo ciò che piace, è follia" (Hagakure, Libro II).

Per coloro che hanno accostato le vicende personali di Mishima al commento in questione, l’Hagakure rappresenta quasi un “manuale per aspiranti suicidi”.
Il senso della morte aleggia come un presagio o come il segno dell’ineluttabilità del fato su tutto il libro.
Mishima, in verità, si considerò sempre legato al codice samurai e c’è chi lo definì, per il suo gesto in linea con la tradizione, l’Ultimo Samurai della storia giapponese.
La morte mediante il rito seppuku è estremamente simbolica: “hara-kiri” (ventre-taglio) con l’uso delle due spade; per il ventre la wakizashi, o spada corta, per la testa la katana (o tachi in epoche più antiche) utilizzata da qualcuno che è pronto a metter fine all’agonia del suicida.
Il tranciare le viscere, partendo da sinistra verso destra, significa colpire il centro della vita dell’essere umano, la parte più intima, per distruggere il tutto. Il senso di questo rituale, quindi, riflette le radicate convinzioni del giapponese sugli elementi strutturali della vita umana. Il ventre è il centro di essa, quello che permette all’uomo di essere normale, per via del nutrimento e della digestione. Il cibo introdotto e poi assorbito come energia o espulso è la sua linfa vitale. Ed è questa che bisogna colpire per eliminare l’Io alla radice.

Il valore della morte, per un samurai, per un giapponese, è qualcosa che va al di là del significato che l’Occidente gli attribuisce. Il concetto di morte espresso nella prima citazione, come la vera Via del Samurai, sembra così contrastare con quella successiva.
Il vero samurai, in realtà, è sempre pronto alla morte. Non che gli si getti incontro appositamente; se può, la evita, ma sa morire con onore perché ha saputo vivere apprezzando e godendo, istante per istante, di ciò che la vita gli ha permesso. Il concetto tipicamente zen della morte non è la purificazione di se stessi; non è l’abbandono tragico, ma è il saper accogliere l’ultimo evento della vita con lo stesso spirito in cui si accoglie ciò che lo ha preceduto.
Quando un uomo si prepara alla morte, giorno per giorno, sapendo che prima o poi arriverà come un solco ben delineato nel suo cammino, non potrà agire in modo scorretto né con se stesso né con gli altri.
Il samurai che vuole seguire fino in fondo la “Via del Guerriero”* (Bushi-guerriero, do-via) deve fare suo questo concetto basilare.
Hagakure non tratta della morte come forma estremizzata della malattia o della vecchiaia. La morte significa portare a compimento la volontà autodistruttiva dell’uomo.
Per il samurai, la vita o la morte sono sullo stesso piano. Per questo il rituale del seppuku comprende anche un bagno purificatore ed un banchetto con gli amici prima dell’uso delle spade. Accettare con onore la morte può significare anche “suicidarsi”, come espressione suprema della libera volontà dell’uomo.
I motivi possono essere diversi. Morire in un combattimento o suicidarsi onorevolmente, per un samurai, è la stessa cosa.
Il poter compiere questo supremo atto di volontà è l’ideale supremo. Non sempre, però, è permesso scegliere.”

“L’amore supremo è, cred’io, l’amore segreto. Una volta esternato e condiviso, l’amore sminuisce. Languire tutta vita per amore, e morire d’amore senza mai invocare il nome dell’amato, o dell’amata, ecco qual è il vero significato dell’amore" (Hagakure, Libro II).

La morte ed il suo significato, non è l’unico commento possibile all’Hagakure che è un complesso codice di condotta per ogni situazione, quotidianità domestica compresa.
Altro tema fondamentale trattato è l’amore, senza distinzioni di sesso. In Giappone l’omosessualità non è mai stata un tabù. Tutt’altro. In Hagakure si trovano consigli per i samurai che hanno contatti con l’uno e l’altro sesso. Il valore essenziale sta nell’idea dell’amore celato, non vissuto, che è la forma più elevata per esprimere questo sentimento.
Mishima si concentra su questi versi facendo un paragone con la società moderna.

“L’amore oggi è cosa da pigmei" (pag.108).

Si è perso, con la tendenza a rivelare e a voler tutto e subito, il significato astratto dell’amore, quello che dà l’energia per la rivoluzione e la disperazione per inseguire i proprio ideali. Il samurai Myamoto Musashi era amato, ricambiato, da una donna. Lei lo inseguiva silenziosamente nei suoi viaggi, implorandolo di fermarsi per costruire qualcosa di duraturo con lei. Musashi taceva sempre rifiutando l’offerta di tranquillità offerta con tanta passione. Il suo pensiero correva sempre a quella donna, ma preferì, per seguire la Via, rinunciare a lei.

“L’amore così com’è diventato è una forma insignificante in cui la statura dell’uno o dell’altro si è abbassata" (pag.108).

Mishima, nel commentare l’Hagakure, si sofferma con afflato sul tema della delicatezza nei rapporti umani, nell’amicizia come nelle semplici conoscenze della vita.
Se per molti è un atto dovuto quello di esprimere, senza mezze misure, il proprio giudizio sugli altri, questa non deve essere la via di un samurai.
Il guerriero che segue la via perfetta del Bushidō non si libera del peso della sua coscienza riversandolo su quella dell’altrui persona. Non ferisce l’altro con ciò che non è pronto ad accettare di se stesso. L’adoperarsi per correggere l’altra persona è cosa meritevole, ma occorre farlo quando è disposta ad accettare le critiche, dopo esserne diventato amico ed averne, infine, conquistata la fiducia. Per esprimere ad una persona il giudizio che la riguardi, ci vuole molto tatto.

Il commento su “Hagakure” non è altro che l’interpretazione di Mishima sull’influenza che ebbe per la sua storia. Il limitarsi ai primi tre libri, ossia al nucleo fondamentale del pensiero di Yamamoto deve intendersi in tal senso. Mishima fu un vero samurai moderno, dedito all’esercizio fisico e alla letteratura, così come secoli prima i suoi antenati trovavano l’equilibrio interiore esercitandosi, allo stesso modo,con la spada e con il pennello, l’uno e l’altro prolungamenti della loro pura essenza.

“La vita umana è breve, ma io vorrei viverla sempre

Kumogakuru

*Il samurai doveva possedere: senso del dovere (Giri), generosità (Ansha), fermezza d'animo (Fudo), risolutezza (Shiki), magnanimità (Doryo) e umanità (Ninyo).

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Yukio Mishima nasce a Tokio nel 1925. Raggiunge il successo con “Confessioni di una maschera” (1949), per poi scrivere, nell’arco di tempo che va dal 1949 al 1970, una quarantina tra romanzi, opere per il teatro, saggi e racconti.
Tra quelli di maggior valore si ricorda la tetralogia de “Il mare della fertilità” (Neve di primavera, Cavalli in fuga, Il Tempio dell’alba, Lo specchio degli inganni 1965-1970), “Sete d’amore” (1950), “L’età verde” (1950), “I colori proibiti” (1951-1952),“Il padiglione d’oro” (1956), “Dopo il banchetto” (1960), “Madame de Sade” (1965), “La voce degli spiriti eroici” (1966), “Lezioni spirituali per giovani samurai” (1968-1970). La prima, in particolare, riflette l’umiliazione del Giappone e la progressiva, ma inesorabile, perdita della sua tradizione (anima). Il rimedio contro questo male che lo avvolgeva lo trova nella via del Bushido, fondando poi nel 1968, unitamente ad un gruppo di studenti, la società paramilitare chiamata “Società dello scudo” (Tate no kai). Fallisce nel tentativo di scuotere il Quartier generale delle forze giapponesi di autodifesa, esortandoli a dar la vita per l’Imperatore, e, davanti alle telecamere, si dà la morte il 25 novembre 1970 mediante seppuku.

Un “conservatore decadente” lo definì Alberto Moravia, che lo incontrò in un viaggio a Tokyo.

Yukio Mishima, “La via del samurai”, Milano, Tascabili Bompiani, 2000, con prefazione di Francesco Saba Sardi. Traduzione di Pier Francesco Paolini.

Prima edizione: 1967.
Titolo originale: “Yukio Mishima on Hagakure – The Samurai Ethic and Modern Japan”.

“Non posso continuare a nutrire speranze per il Giappone futuro. Ogni giorno si acuisce in me la certezza che, se nulla cambierà, il Giappone è destinato a scomparire. Al suo posto rimarrà, in un lembo dell’Asia estremo-orientale, un grande Paese produttore, inorganico, vuoto, neutrale e neutro, prospero e cauto. Con quanti ritengono che questo sia tollerabile io non intendo parlare”, (Lezioni spirituali per giovani samurai, Yukio Mishima, pag. 117).

- Fonte.
 
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