Where is your human nature? - Capitolo II - Psycho Pass, :Porta Infernale:

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KuchikiRukia ~
view post Posted on 19/3/2013, 15:17





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Psycho Pass - W
here is your human nature? - Capitolo II - Porta Infernale



Il gelo delle carni si affiliava alla glacialità di una lama assetata di sconforti; la fiacca luce crepuscolare si posizionava sul candore dei filamenti scivolosi del capo in accecanti bagliori di aurea lucentezza; le pupille, calatesi nella profonda sfera della ragione, visionavano i possenti desideri dell’anima, vomitando abbaglianti visioni di futuri attesi. L’assoluta quiete si diffondeva incontrastata all’interno di un corpo la cui sagoma, di gracile apparenza, si calava nella progettazione dei propri gesti, nell’esplosione di un’indole dalla calma urlante e dal sorriso di malvagia benevolenza. Makishima Shogo emanava la sicurezza del proprio spirito, eppure non vi era radice nel suo passato di tale condizione. La propria essenza dondolava sul fragile filo di un mondo selettore, brulicante di indecisioni, di insicurezze, di solitudine. Poteva realmente definirsi sicuro? Era capace di affrontare se stesso in una lotta talmente sanguinaria? Donare libertà, seppur egli stesso fosse collocato nella prigione dei propri ricordi. Osservare la bellezza di anime altrui nel tentativo di sopprimere la mancanza dalla propria? Era logicamente accettabile, ma in tutto ciò si celava dell’altro, dell’altro il cui ricordo diveniva necessità.
Ed il ricordo fu; silenzioso, immutabile, determinante.
L’immobile figura del criminale asintomatico si calò repentinamente nel vasto scenario della propria infanzia, nel profondo pozzo di un passato che si erigeva all’interno di un esteso lago deserto, ove un roseo fiore di loto costruiva la propria fugace esistenza.


- Shogo. – Le labbra di una giovane donna si affacciarono all’interno di una stanza scarsamente illuminata, ricercando l’ingenuo volto giovanile di un ragazzo, il cui corpo rannicchiato, si richiudeva in un minuscolo spazio che inconsolabilmente stringeva a sé un muro intriso di opachi colori sgargianti. La vitalità di un colore che un’interminabile assenza affievoliva, sino alla totalità dell’annullamento. L’assenza della propria umanità.
Imperturbabile, lo uccideva. Lo uccideva sino a privarlo delle proprie deboli e giovani carni, sino a privarlo della consolazione che avrebbe diffuso il calore mancante.
-Mamma. – Una voce roca, in preda al tremore, partorì un’espressione dal significato fin troppo illusorio, un significato che si dissolse rapidamente sotto le spoglie in decomposizione di un calore materno non più ricevuto.
Il giovane ragazzo aperse il proprio corpo, schiudendo gli arti, quasi volto ad equiparare la fioritura di un ciliegio dopo un lungo sonno invernale. Eppure l’inverno perseguiva il suo atto di gelare le anime dei suoi compagni, incessabilmente, frantumando loro i petali dell’essenza e trascinandoli in un perpetuo annullamento della coscienza. I bronzei capelli della donna si mossero in un repentino gesto indotto dal brusco movimento della spalla sinistra, rivelando il color nocciola di quegli occhi assenti, precedentemente ricoperti dalla folta chioma che pareva illuminare la cupidigia di quella stanza sommersa dal peso di un vuoto esistenziale. Tuttavia, giovare di quella luce gli era ormai negato. La sua difformità era dunque una colpa?

-Io e tuo padre abbiamo deciso di inviarti in un istituto privato. Purtroppo la nostra attuale situazione economica non ci permette di garantirti i beni di prima necessità. -
Mentiva. Lo sfruttamento della propria ingenuità diveniva costantemente strumento di una semplice ed inutile giustificazione, da cui non avrebbe fatto altro che trarre la conferma della propria alienazione. Shogo decodificò lo sguardo materno, la quale sensibilità pareva esser deceduta ormai da un secolo, lasciando agli occhi il dominio dell’indifferenza, un’indifferenza tale da renderlo momentaneamente inesistente, ceduto ad un limbo dove la realtà si sgretolava sotto i suoi stessi piedi.
Viveva? Era reale? Oppure non era nient’altro che il frutto di un’immaginazione seguace di fantasmi? Costituiva egli stesso il frammento di un effimero ricordo, posizionato nei meandri di un luogo sconosciuto?
-Mamma, voglio soltanto restare qui. Non ho bisogno di nulla.-

L’avvenire del sistema Sybil aveva deframmentato la sua anima, l’aveva violentata a tal punto da partorire l’orrore della sua stessa nascita. L’incapacità del sistema di definire le sue emozioni era forse l’affermare la loro assenza? Possedeva la capacità di provare emozioni, così come il resto dell’umanità? La scansione cimatica costituiva la quotidianità di ogni cittadino, da cui il proprio stato emozionale traeva un peso, una conformazione che simboleggiava la propria condizione psicologica. Ciononostante la colorazione del suo Psycho Pass non subiva alcuna modifica, permanendo nell’innocenza e nella purezza di un bianco smagliante. Una purezza definita come simbolo di utopico modello sociale, eppure fin troppo ostinato ed immutabile per assumerne il concetto effettivo. Il giudizio di Sybil non avrebbe influenzato il percorso individuale di Shogo, ed egli non avrebbe ricevuto la guida per riprodurre le elogiate e determinate gesta di giustizia. Una condizione di disuguaglianza lo trascinava nell’abisso di un immortale isolamento, costellato dal disfacimento di un’infantile e felice spensieratezza: traditrice compagna d’infanzia.
- Questo non ti è possibile, - ribatté la donna in una smorfia di disgusto impercettibile.
- Non ho bisogno che qualcuno scavi nel mio cuore per debellare il marcio che mi avete diagnosticato.- Shogo voltò lo sguardo, indirizzato alla parte inferiore dei calzoni in ecopelle dal colore dell’ebano che la donna indossava, quasi a disfarsi di quello sguardo materno che non reputava più tale.
Quale marciume collocava sulle proprie spalle in un peso insostenibile? Quali ombre riflesse sulle pareti di una caverna era in procinto di osservare? Fittizie, fragili, effimere. La sua incapacità non riscontrava reazione alcuna, non produceva alcuna ricerca che potesse offrirgli utili risposte affondando nella soluzione. Ricercare, ricercare, ricercare. Recuperare i frammenti, ricostruire il puzzle in disfatta.
Riedificare la verità, disfacendosi dell’impotenza psicologica, morale, fisica. La ragione avrebbe condotto il suo spirito vagante alla radice, spogliandosi di ogni congettura, traforando le proprie ossa e costruendo palazzi, erigendo grattacieli che lo avrebbero elevato al mondo intellegibile nella contemplazione dell’originaria idea dell’essenza. “Il bello è lo splendore del vero,” pronunciava Platone.
Cos’è, dunque, la verità? Concepire che essa risieda nel relativismo è un traguardo, oltre ad una linea di partenza.


Le rocce corrose dal vento dell’esperienza abbandonarono i propri strati superiori, graffiati dalle violente unghia del tempo. Vomitarono inquietudini e affilarono gli spigoli in superfici di consapevolezza. Colmarono i solchi con risolutezza ed espugnarono la nemesi della cedevolezza.
La difformità divenne dunque fonte dell’essere e peculiarità ad esso appartenente. Il giudizio di Sybil decadde nell’illusorietà, e gli occhi della ragione divennero capaci di osservare le mani manipolatrici di una tale progettazione. Decise di scagliarsi in caduta libera oltre i fili cedevoli del mondo, realizzando ferite prodotte da catene invisibili che attanagliavano dolorosamente coscienze in decadenza. Osservò con lo sguardo dell’anima le menti urlatrici che giacevano all’interno di gabbie assemblate dall’inganno e da un controllo sconfinatamente imposto.
Capì.
La diversità divenne simbolo dell’esistenza.
Esisteva.

L’accesso alla libertà si sollevava laddove l’indole produceva con naturalezza il fiore del pensiero, laddove la bellezza dell’animo umano riaffiorava in un’eruzione di voci contrastanti, di suoni acuti rivoluzionari, capaci di annientare la ruota schiavizzante orchestrata dalla robotica struttura gerarchica del sistema Sybil.
Makishima Shogo rammentò l’origine di un gesto tanto radicale quanto plurilaterale, l’austera aspirazione che lo induceva ad attuare una carismatica pianificazione astenendosi da ogni forma di esitazione. L’inferno della trascendenza portava con sé il preludio dell’apocalisse, ed il fulcro delle tenebre trascinava faticosamente il futuro della propria degenerazione, realizzato dalla prestanza intellettiva dell’ideale umano.



Un brivido gli percorse la schiena, gonfio di quell’austerità tipica di una canna stabilmente incavata nel terreno, benché soggetta, in tempesta, al fragile movimento provocato da un vento scossante.
Le labbra, sottili e decise, si incresparono in una gelida smorfia fiduciosa, sintomo di un intelletto soppressore dell’influente ed ingannevole emotività umana. Il corpo, plasmato dalla mente, cedeva alla conoscenza dell’essere, sottraendo la supremazia all’istinto di un uomo, la cui diversità tramutava in oggetto di essenzialità la capacità di edificare un pensiero individuale, ormai disfattosi della morsa soffocante di Sybil.
Non esisteva altro maestro che la propria ragione.
Gli uomini erano capaci di costruire palazzi, e allo stesso modo, capaci di distruggerli, plasmarli e tradurli in un creativo flusso di giovamento. Che essi potessero comprendere un tale potere significava intorbidire le acque della loro coscienza passiva, scuotendo il ventre generatore di un’energia soppressa. Le piogge acide avrebbero potuto corrodere gli alberi sino a privarli della corteccia, ma la natura non avrebbe negato la protezione alla linfa che essa conteneva.
La linfa era lì, ad attendere che la natura la spronasse a ricostruire il proprio processo vitale.
E Makishima era in procinto di dirigersi ad est, verso Chuo-ku: laddove l’angoscia avrebbe innalzato la porta infernale della libera ed incondizionata espressione umana.



- Sarà un risveglio.-



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Edited by KuchikiRukia ~ - 25/3/2013, 22:57
 
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-Kurosaki-Ichigo-
view post Posted on 19/3/2013, 15:46




Fantastica, esattamente come il primo capitolo, ricca di caratterizzazione del personaggio e del suo stato emotivo.
Davvero una grande fic, complimenti ancora, Rukia!
E cavolo quanto scrivi bene e_e
 
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KuchikiRukia ~
view post Posted on 19/3/2013, 15:46




...URUSAI! La tua è blasfemia.
 
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-Kurosaki-Ichigo-
view post Posted on 19/3/2013, 15:47




No, affermo il vero! D:
 
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KuchikiRukia ~
view post Posted on 19/3/2013, 15:48




Concepire che essa risieda nel relativismo è un traguardo, oltre ad una linea di partenza. [Cit. Fic.]
Dunque, la verità è relativa. u_u E la mia verità è differente.
 
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-Kurosaki-Ichigo-
view post Posted on 19/3/2013, 15:50




Tsk, ma la mia verità resta tale, un giudizio personale e del tutto vero nella mia concezione delle cose.
Sei bravissima >_>
 
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5 replies since 19/3/2013, 15:17   29 views
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