Where is your human nature? - Capitolo III, - Ultimo frammento di gloria - {Somnum Seclorum}

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KuchikiRukia ~
view post Posted on 25/3/2013, 22:51





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Psycho Pass - Capitolo III - [Somnum Seclorum] - Ultimo frammento di gloria


Il viale principale di Chuo-ku si apriva in un flusso perpetuo di occhi rapiti dai distorti cartelloni pubblicitari. Proclamavano sorrisi, innestavano la felicità dell’apparenza e gettavano le basi all’indicibile pace dell’inerzia. I droni perlustravano abilmente le fragili fondamenta stradali che parevano cedere alla pesantezza delle piogge interminabili.
Cedere; come le menti deturpate dagli aghi magnetici dell’irriverenza.
Il vento trainava faticosamente le braccia dei passanti; li denudava bruscamente di quelle pelli desertiche, di quel cumulo di macerie che lentamente si smaterializzava sotto gli occhi dell’inconsapevolezza. Le automobili automatiche procedevano sull’asfalto in una processione di rombi assordanti, contrastando la solennità creatasi nell’abbattersi di quella distesa inesorabile. Lo specchio d’acqua induceva alla distorsione le luci ammaliatrici dei magazzini commerciali, sino a tradurle in falò intermittenti di docili fiamme indecise.
Tutto è spento. Anime in decadenza, gli occhi non ardono. Lo splendore richiede l’impulso, la scossa, lo strappo violento della sua essenza. Affilati, i coltelli affonderanno la propria lama. Le carni lacerate bruceranno. Vive.


In fondo al viale, un’imponente struttura si erigeva insormontabile, avidamente violacea, signoreggiando sul territorio che affogava nelle fauci dell’avarizia. Non era altro che uno dei tanti filtri di Sybil, nient’altro che un tubo usurpatore intento ad emettere cautamente un veleno stordente: un polipo dai tentacoli fuorvianti . La Nippon Ginko si imponeva come filiale economica del sistema dittatoriale.
Shogo si arrestò dinanzi all’ingresso. Gli elettronici macchinari d’osservazione pullulavano laddove le rientranze strutturali dell’edificio partorivano ombre che fossero capaci di celarli, eppure non vi era alcuna situazione che richiedesse una tale posizione strategica. La presenza di un tale complesso di monitoraggio rientrava nella regolarità giornaliera, collocandosi all’interno di un groviglio umano dagli occhi incuranti e dall’ignorata perseveranza nel rendere incolume la propria sfera confidenziale.
Dall’indiscrezione dell’unità funzionale di Sybil, tuttavia, Shogo non traeva alcun impedimento, se non un ostacolo agevolmente valicabile. Discostatosi da ogni vacillamento, egli permase in un’interminabile immobilità, osservando con sguardo serafico l’affollato scenario di individui che si delineava al di là dell’imponente barriera d’ingresso.Una lastra di ghiaccio erosa dalle fiamme della Giudecca. Quanto stabile poteva definirsi? Le medesime mani generatrici potevano destabilizzarne la composizione.
La criminalità asintomatica dal volto sanguinario dell’innocenza si inoltrò nell’edificio che avanzava con gesta di prevaricazione. L’arto destro trascinò le dita in fermentazione sul tessuto sintetico dei calzoni, i quali scivolavano agilmente sulle esili gambe che dirigevano il movimento con nobile maestria. Shogo si colmava dignitosamente di petali soppressi dalla pressione del cielo, tenaci a tal punto da acquisire le ali di un volo rivoltoso e le unghia di uno squarcio destabilizzante. Si solidificava in un grumo di sangue intento ad ostruire la solenne arteria dell’ombra, da cui si propagava implacabilmente la voragine della negazione esistenziale. Negazione. La profanazione dell’intelletto nell’elevazione di un trascendente modello di distorta utopia si appresterà ad istaurare una collettività esente dall’inclinazione individuale. La sindrome di Stoccolma produrrà una perpetua idolatria di presunti uomini illuminati: universali architetti di un nuovo ordine mondiale. Che ingenuità.


Makishima Shogo sfilò gentilmente l’artefatto oggetto dalla parte superiore della camicia, la quale soffice si stropicciava in attorcigliati solchi ondulatori, atti ingannevolmente a dimostrare una turbolenza a cui quel gracile corpo non attingeva. L’arnese, di forma rettangolare, tracciava la sagoma di una rigida carta d’accesso che offriva l’ingresso al varco successivo; l’addentrarsi nell’immutabile foschia dai protagonisti vestiti di fragile orgoglio. Lasciò scivolare il pass argenteo all’interno di una fessura di scarsa ampiezza: la costituente di un macchinario dedito alla scansione biometrica da cui un suono estremamente acuto partorì un segnale di consenso. L’ardimento che i suoi movimenti si apprestavano ad emanare, laddove ogni indugio si deteriorava nel subire la propria mancanza, gli consentì la fuga dagli sguardi scrupolosi di Sybil che si nutrivano di mondi ed esistenze.

Shogo proseguì per un passaggio claustrofobico dal quale trasse la consolazione del silenzio, le cui macchie di sospiri maledetti dipingevano lo spazio come personificatore di un rogo in fiamme; da cui la determinante sentenza di una carneficina si riproduceva progressivamente.
Chi insegnerà gli uomini a morire, insegnerà loro a vivere.*
L’interminabile corridoio giungeva al termine, vomitando un ampio spazio che generava la letizia dell’incuranza; stagnante al di sopra di uno strato impermeabile di menzogne. La struttura, fetida e accuratamente arredata da sudicie ricchezze illecite, si irrigidiva sotto il profumo di una fittizia eleganza. Una libreria piramidale, il cui apice si costellava di costruzioni in miniatura dalla sagoma circolare dell’iride, alloggiava con superbia sui raffinati drappi che giacevano sugli scuri e soffocati pavimenti. Interminabili scartoffie si affermavano su di una semplice scrivania, ubicata infondo all’ambiente aristocratico, ingoiando la dinamicità ch’esse proferivano. Alle spalle del mobilio, una sedia girevole dalla tenuta in pelle sosteneva il corpo di uomo dal volto rugoso, intento ad osservare gli edifici esterni che si amplificavano al di là delle vaste finestre prorompenti. Si nutriva insaziabilmente di un sigaro che pareva strappare a morsi con le lame affilate di quei denti denigratori. Con malizia, con incontenibilità. Con quelle spesse labbra che mai si appagavano.


- Che onorevole occasione, signor Kawashira, - proferì Shogo con disinvoltura.
-L-lei…chi è? – L’uomo venne scosso dal brusco suono che repentinamente ruppe la quiete in precedenza regnante, voltandosi ad inquadrare quell’esile figura che si ritrovò innanzi; e quell’eterno fumo che si contorceva nella bocca quasi gli impedì il respiro, sino a disgustarlo, sino a provocargli una grassa tosse intermittente che rese lucidi quegli occhi verde petrolio.
- Sono giunto in questo luogo con il semplice scopo di dar luogo ad un dialogo. Volevo congratularmi per la sua impeccabile condotta e la sua dedizione lavorativa.-
- Chi le ha consentito l’accesso a questo edificio..? – Il tremolio delle dita lo indusse con avversità ad abbandonare il sigaro sulla superficie tigliosa del pavimento.
- Ciò non ha alcuna importanza. Potrei avere l’occasione di accomodarmi?-
Silenzio.
Saamaki Kawashira si impregnava di un disordine coscienzioso che lo scagliava al suolo, inerme, disarmandolo a tal punto da condurlo ad un’irrequietezza soffocata. Soffocava.
Non era in grado di opporre resistenza, non era in grado di tradurre in manto protettivo il suo distante potere, corrotto dalla viltà di chi agisce nell’ombra, di chi si riveste di elogi per elevarsi ad esseri intangibili.

Makishima Shogo avanzò verso l’abietta figura del banchiere, carezzando sensibilmente la pila di libri che si collocava all’interno della possente libreria piramidale. Libri di economia, nient’altro. Nulla di interess…Oh, mi sbagliavo. Aldous Huxley. Osservò la fragile copertina aurea che si corrodeva sotto il flusso del tempo, svelando lettere sbiadite che stentatamente ne acconsentivano il riconoscimento. Il mondo nuovo, eh?
-E così lei legge Huxley? Dunque preferisce vivere nel mondo paradisiaco del soma*?- Rapido, lo sguardo di Shogo spogliò gli occhi dell’uomo. Acuto, li incrociò sino a tuffarvici con l’intento di strapparne la radice, retto dal tono vocale che opposto alla belligeranza diffondeva una gradevole serenità rivoluzionaria.
- Quale idiota vorrebbe mai affrontare realtà?- Il tremolio inquieto venne sostituito dall’atto titubante di inoltrarsi in un mare in bonaccia, assaporando taciturno il peso dei fondali in combutta.
- Coloro che si sottraggono ad essa evidenziano le proprie debolezze, nutrendosi di queste ultime come un veleno mortale. Il sistema Sybil è il fulcro dello sfruttamento della debolezza umana, è il generatore di una società che colloca le proprie fondamenta sulla viltà. Una fuga da se stessi, una conoscenza individuale a cui gli uomini si sottraggono privati del loro libero arbitrio. E’ questo ciò che lei chiama paradiso?- La natura di una tale affermazione non racchiudeva in sé un’indole prevaricatrice, né l’intento di un violento contrapporsi. Il dialogo rappresentava il fine e la risorsa per giungere alla comprensione, e la sua imperturbabilità si prestava a sollevarsi come pilastro portante.
- Il sistema Sybil dona la pace e la felicità che gli uomini hanno sempre desiderato.- Saamaki Kawashira quasi si ricompose nel suo ozioso atteggiamento, lasciando trapelare un’esitante irritazione. Plasmava il suo corpo costruendo momentanee fortezze di sabbia e brandiva armi di gomma emesse dalle sue fragili ossa che contemplavano consolatamente il divino padrone.
-Quale pace, quale felicità? Una felicità indotta, che giace nell’incoscienza. Una società che affida un giudizio meccanicisticamente determinato ad un popolo che costruisce la propria esistenza su di esso, dimenticando l’esistenza della propria ragione, della propria inclinazione naturale.- Shogo si imponeva con una risolutezza priva di pretese, attanagliandosi alle funi di un albero secolare che si opponeva all’erosione del tempo in un esasperato gemito silenzioso.
-Il giudizio di Sybil rende gli uomini capaci di gestire una vita che altrimenti diverrebbe fin troppo tortuosa e irregolare.-
- Gli uomini non hanno alcun bisogno di leggi, di giudizi altrui, per erigere la propria vita. Il loro splendore risiede nella loro capacità di agire secondo ragione, nella capacità di partorire obiettivi dimostrando quanto possano vestire di forza i loro animi.-
- La libertà è sinonimo di caos. Lei desidererebbe un mondo governato dal caos?- Lo provocò. Questa volta senza alcuna esitazione; un’esitazione superficialmente retrocessa ad uno stadio nettamente inferiore che gli consentì una superba avanzata.
- Il caos è l’origine dell’individualità, è l’origine della pienezza dell’anima. Gli uomini debellerebbero il vuoto della solitudine che Sybil ha originato, lo colmerebbero con la loro stessa essenza.-
- Ah, divertente.- Ridacchiò incontrollatamente, decimando l’intensità vocale sino a raggiungere un suono smorzato, gradualmente represso. - L’uomo è incapace di liberarsi, è incapace di intraprendere liberamente il proprio cammino. Vi è la necessità che egli sia costantemente sorretto, ed è lo scopo fondamentale dell’attuale sistema governativo.-
-Deplorevole, signor Kawashira. Sorreggere gli uomini in una perenne fuga da loro stessi non produce alcun sostegno, se non una frammentazione dell’umanità. D’altronde, ciò che partorite è una collettività esente dalla collaborazione. Non è nient’altro che una solitudine distruttiva,- ribatté Shogo accennando una smorfia tagliente che conferì al volto la disgregata linearità dell’infinito.
- Lei non può comprendere,- si giustificò con vanità Saamaki, le cui spesse rughe si sovrapponevano sul viso producendo solchi acerbi di vette orgogliose.
-Si sbaglia, la comprendo, fin troppo. L’elevazione ad esseri trascendenti è l’origine delle vostre deplorevoli azioni, - proferì Shogo con fare sarcastico.
- Forse ha ragione, ma in ogni caso, non credo avrà mai l’occasione di giungere al brivido del dominio incontrastato.-
- Non è mia intenzione, mh.-


Makishima Shogo si lasciò sfuggire una tenue risata: un presagio, un simbolo, una profanazione.
In un gesto repentino, si avvicinò all’uomo afferrando saldamente quei biancastri filamenti capelluti che, parzialmente, vennero ridotti in brandelli dalla vigorosa stretta. Saamaki condusse il capo all’estremità della sedia, pervaso dalla nuda sostanza della paura che pareva averlo abbandonato, e che ora, invece, si esibiva inespugnabilmente. Cosa gli stava accadendo? Il potere. Quale potere? Generare vittime inconsapevoli non aveva prodotto alcuna gloria perenne, bensì una condanna a corrodersi instancabilmente nelle fiamme dell’inferno. Le percepiva; vivide, si nutrivano di quelle maliziose carni, dell’orrore di quella stessa esistenza che lo divinizzava. Con l’agilità dei suoi movimenti, Shogo pilotò le dita all’interno della tasca sinistra; ghermì quell’affilato rasoio la cui retrazione pareva tagliare l’aria in due blocchi ben distinti e giunse laddove un respiro avrebbe garantito il silenzio. Saamaki Kawashira si perse in un singhiozzo. Fermati! La voce gli si traduceva in un inutile respiro; affannoso, asmatico, costoso. Si irrigidì al contatto di quella gelida lama che si contrapponeva alla pelle del suo collo; bagnato da un sudore angoscioso. Stava…morendo?

- Signor Kawashira, lei è vittima del suo stesso orgoglio.-

La lama si mosse con delicato impeto. Il sangue fuoriuscì, denso e silenzioso, da quel corpo che si spegneva sotto il macigno dell’ultimo frammento di gloria, sotto quella luce che Makishima Shogo brandiva con fare salvifico, sotto il sole che all’orizzonte esaltava la bellezza di un’imminente primavera, spazzando le piogge che inesorabilmente si abbattevano su Tokyo.
Un sorriso, il sole, lo splendore. Si era conclusa un’epoca.
Tuttavia, Shogo non era altro che una semplice ombra illuminata dalla bellezza dell’arte umana, intenta a scalare la solitaria vetta dell’utopia.


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*Citazione del filosofo Michel de Montaigne.

*Soma: droghe tipiche del romanzo distopico/realistico de "Il mondo nuovo" di Aldous Huxley, capaci di astenere gli individui dalla realtà.
 
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-Kurosaki-Ichigo-
view post Posted on 25/3/2013, 22:55




Come ti ho già detto più volte, questa serie fic è fantastica e adoro in tuo modo di scrivere.
Riferimenti ad Huxley, linguaggio ricercato e tanta psicologia, complimenti davvero.
Tutto il resto lo sai già, boke!
 
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KuchikiRukia ~
view post Posted on 25/3/2013, 23:00




Non parlare incoscientemente, bakamono!
Non dimenticare Montaigne, tsk.
 
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-Kurosaki-Ichigo-
view post Posted on 25/3/2013, 23:03




Ovvio che non lo dimentico D:
E non parlo incoscientemente, affatto >_>
 
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3 replies since 25/3/2013, 22:51   23 views
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