Il trono di sangue

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tamazuki
view post Posted on 26/4/2013, 20:33




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Il capolavoro di William Shakespeare rivive nella pellicola di Akira Kurosawa.
Il maestro del Giappone rende omaggio al Macbeth del commediografo inglese, cambiando il luogo dello svolgimento e i personaggi, pur lasciando inalterati i ruoli di ognuno di loro.

La trama
In un periodo imprecisato, nel Giappone feudale, un signore molto potente è riuscito a conquistare l'intera regione, per opera dei suoi più cari amici il suo braccio destro Washizu e il suo braccio sinistro Miki.
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I due ora tornano dalla battaglia recente, e decidono di tagliare per il bosco Kumonosu, dove incontrano uno spirito che profetizza ad entrambi grande potere, ma anche sventure e sciagure.
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Washizu diverrà comandante del forte nord, e poi del castello del signore suo amico, mentre Miki diverrà signore del castello sud, e poi, per mano di suo figlio, signore del castello Kumonosu, ovvero quello che dovrebbe essere governato da Washizu.
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In un primo momento i due non credono a una sola parola dello spirito, ma Washizu inizia a dubitare della sua sicurezza, quando il signore gli da, come premio per il suo coraggio, la signoria del castello nord, e anche Miki viene ricompensato come profetizzato.
Sembra che tutto si sia riappacificato, ma la moglie di Washizu istiga il marito ad uccidere il signore, per prenderne il posto a giuda del castello Kumonosu: la pazzia, in poco tempo, si fa strada nella vita del samurai, perché una volta ucciso il suo signore ed aver commesso un crimine immondo, la sua moglie lo istigherà contro il suo amico Miki, per poi lanciarlo sul figlio del suo amico, Yoshiteru, con il quale si allea Norihyasu, visir del signore defunto, e col figlio dello shogun, i quali tutti e tre sfuggono alla morte, per allearsi contro il folle Washizu.
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Egli infatti ha sempre più paura di incontrare gli spiriti dei morti, che chiedono la giusta vendetta sul traditore, e nemmeno la moglie può calmarlo, perché anch'ella inizia a dare segni di pazzia, asserendo che il sangue del morto non andrà mai via dalle sue mani, per quanto le lavi.
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Nella notte di tempesta che precede la battaglia finale, Washizu si reca nel bosco, dove incontra nuovamente lo spirito che gli profetizza la sua invincibilità, a meno che gli alberi del bosco non si muovano contro di lui, e circondino gli spalti del suo castello.
A queste parole, Washizu scoppia a ridere: come possono gli alberi muoversi contro le sue mura? E' impossibile,scoppia a ridere.
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Ma la tragedia incombe su Washizu e sui suoi soldati: la moglie infatti si da la morte, ossessionata dal crimine commesso, e dalle sue azioni, mente Washizu, vedendo gli alberi della foresta muoversi verso il castello (che altri non sono che i soldati della coalizione avversaria, camuffati per evitare le frecce nemiche), viene infine ucciso dai suoi sottoposti, i quali si accorgono della sua scelleratezza, e pongono così fine alla spirale di sangue e odio, ristabilendo l'ordine nel paese, e acclamando quale signore del castello Kumonosu il figlio di Miki.
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Commento finale
Un film degno dell'oscar che vinse: la trama già di per sé è ottima, ma l'interpretazione di Toshiro Mifune nei panni di Washizu, fa risaltare ancor di più la bellezza tragica del film stesso.
Le movenze del teatro No, applicate alla figura demoniaca e intrigante della moglie di Washizu, e le cariche di cavalleria e dei soldati appiedati incorniciano uno dei più bei film del maestro nipponico, fornendogli un'aria tragica e attuale al tempo stesso.
 
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